È stato detto da comici professionisti che durante lo spettacolo una battuta trasmessa dal comico al pubblico ha una sua esistenza nel tempo. Cioè, bisogna sapere come raccontare una barzelletta, il tono da usare, dove mettere l'enfasi e così via, ma anche dove mettere le pause, quanto far aspettare il pubblico per poi farlo ridere ancora più forte. In questo senso il tempo è fondamentale. Non bisogna fare troppo in fretta, ma neanche aspettare troppo. Una battuta riesce quando è impiegata proprio nel momento giusto, quando c'è da usufruire, diciamo, una tensione, un'aspettativa che vuol essere appagata.
Ecco, spesso nello scrivere provo una sensazione analoga. È chiaro che non si tratta di un pubblico, però questo senso di tempismo mi molesta ogni tanto. Spesso mi viene in mente qualcosa che potrebbe essere un argomento di cui scrivere, comunque sono fuori di casa oppure sono a letto la sera. Mi sembra che se avessi l'opportunità di elaborare quest'idea nel momento stesso potrebbe venir fuori qualcosa di bello, però se devo aspettare qualche ora non è più lo stesso.
È come ricevere un regalo. Fin quando è sempre un regalo confezionato e non si capisce che ci sia dentro, si può aspettare a lungo. Però appena cominci a rompere l'involucro e scopri anche soltanto il colore dell'oggetto che sta dentro è già cominciato il processo della scoperta che non si lascia interrompere per essere ripreso tranquillamente più tardi.
Va beh! Non è l'analogia più esatta, però rende l'idea almeno un po'.